ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE
   
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Minori: criteri più rigidi per la conversione del P. alla maggiore età
ProgrammaIntegra.it il 21/11/2008, alle 18:54 (UTC)
 Con un emendamento al disegno di legge 773 in materia di pubblica sicu-rezza si propone di modificare le norme del Testo Unico sull'immigrazione che riguardano i minori stranieri non accompagnati. L’emendamento renderà più difficile la conversione del permesso di soggiorno per minore età al compimento dei 18 anni. La normativa vigente. I minori stranieri non ac-compagnati sono inespellibili ai sensi dell’articolo 19 del d.lgs 286/98 – Te-sto Unico Immigrazione. Essi hanno diritto ad un permesso di soggiorno che sarà rilasciato per "minore età", nei confronti di coloro che sono sottoposti a tutela, per "affidamento" nei confronti dei minori affidati ai sensi della legge 184/1983. All’articolo 32 del d.lgs 286/98 si prevede che in generale i mino-ri, parimenti quelli titolari di un permesso per motivi di famiglia e quelli sot-toposti ad affidamento, al compimento della maggiore età possono converti-re il permesso di soggiorno per motivi di studio o lavoro in presenza dei re-quisiti previsti per legge. Il TU differenziava – prima dell'intervento della direttiva del Ministero dell’Interno del marzo 2007 - i minori stranieri non accompagnati sottoposti a tutela che, per convertire il permesso di soggiorno al compimento dei 18 anni, dovevano dimostrare di essere in Italia da non meno di tre anni, la frequenza un progetto di integrazione sociale e civile da non meno di due anni, la disponibilità di un alloggio e l’iscrizione a corsi di formazione o un contratto di lavoro. Tale differenziazione è stata superata a seguito di numerose sentenze del Consiglio di Stato e dell’emanazione della direttiva del Ministero dell’Interno del 28 marzo 2008 che, in considerazione dei precedenti giurisprudenziali, equipara la normativa prevista per i minori sottoposti ad affidamento a quella prevista per i minori sottoposti a tutela e invita i Prefetti e i Questori a rilasciare al minore straniero che sia stato sottoposto a tutela “un permesso di soggiorno indipendentemente dalla durata della sua presenza sul territorio nazionale, dalla frequentazione di un progetto di integrazione(…)”. Secondo la normativa attuale è quindi possi-bile per un minore straniero non accompagnato giunto in Italia, anche in prossimità del compimento dei 18 anni, beneficiare di un permesso per mi-nore età e convertirlo alla maggiore età, in lavoro, studio o attesa occupa-zione. L’emendamento. La proposta di modifica al ddl 773, al momento in discussione innanzi alle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato, prevede, in modifica dell’articolo 32 del TUI, che il permesso di soggiorno per minore età rilasciato ai minori stranieri non accompagnati potrà essere convertito al compimento della maggiore età solo se sussistono contemporaneamente: un provvedimento di tutela o affidamento, l’ingresso in Italia da almeno tre anni e la partecipazione a progetti di integrazione per almeno due anni. L’emendamento equipara dunque i minori sottoposti ad af-fidamento non più ai minori stranieri presenti in Italia con il nucleo parentale ma ai minori sottoposti a tutela e torna, ad una prima lettura delle proposte, alle previsioni del d.lgs 286/98 come modificato dalla legge 189/2002.
 

Ricongiungimenti familiari: specificazioni per cittadini extraue e comunitari
programmaintegra.it il 21/11/2008, alle 18:53 (UTC)
 Con due circolari del 28 ottobre 2008 il Ministero dell’Interno ha fornito spiegazioni e puntualizzazioni in merito ai cambiamenti previsti in materia di ricongiungimento familiare dal decreto legislativo 160/2008 che sarà in vigore dal 5 novembre prossimo. Le nuove disposizioni interesseranno anche le domande già presentate ma per le quali non è stata ancora acquisita la documentazione. Cambiano anche i criteri di determinazione delle risorse economiche previste per il soggiorno dei cittadini UE e dei loro familiari. Con una prima circolare, il Ministero dell’ Interno riassume e puntualizza i requisiti “oggettivi” e “soggettivi” che cambieranno a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 160/2008. Requisiti oggettivi: reddito e assicu-razione sanitaria. Il reddito del familiare che richiede il ricongiungimento non deve essere inferiore all’importo dell’assegno sociale ( 5.142,67) au-mentato della metà per ogni familiare da ricongiungere, con un eccezione: per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici ovvero di due o più familiari dei titolari dello status di protezione sussidiaria è richiesto sempre un reddito minimo non inferiore al doppio dell’importo dell’assegno sociale. Gli stessi requisiti, si presume, varranno anche per i familari a carico già titolari di un permesso per "motivi familari" al momento della richiesta del rinnovo del permesso. In merito all'assicurazione medica, l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale del genitore ultras-sessantacinquenne per il quale viene richiesto il ricongiungimento non sarà più obbligatoria e gratuita ma sarà il figlio regolarmente soggiornante in Italia a dover stipulare un’assicurazione medica privata o a pagare alla Asl una quota forfettaria. Requisiti soggettivi: i familiari per i quali si può richiedere il ricongiungimento familiare. Il coniuge, si specifica nel decreto, deve essere maggiorenne e non legalmente separato. I figli maggiorenni potranno ri-congiungersi con i genitori solo se non possono provvedere a se stessi in ra-gione della proprie condizioni di salute che comportano invalidità totale. In-fine, per chiamare in Italia i genitori o essi sono a carico e non hanno altri figli nel paese di origine o sono ultrasessantacinquenni e gli altri figli non possano provvedere loro per gravi motivi di salute. Il decreto introduce poi il test del DNA in caso di dubbi sulla parentela a carico degli interessati. Dal 5 novembre, data di entrata in vigore del decreto, le istanze saranno presentate ai sensi delle nuove disposizioni e il Ministero ha già predisposto una nuova modulistica on line. Inoltre anche tutte le richieste già inviate allo Sportello unico per l’immigrazione per le quali ancora non sia stata acquisita la documentazione dovranno soddisfare i nuovi requisiti. Con la circolare numero 13 del 28 ottobre 2008 il Ministero specifica che i cambiamenti concernenti il requisito reddituale, validi per i cittadini extracomunitari, var-ranno anche per i cittadini comunitari che, per effettuare l’iscrizione anagra-fica – se non lavorano - dovranno disporre di un reddito annuo pari all’importo dell’assegno sociale e, per quella dei loro familiari presenti in I-talia, dovranno dimostrare un reddito pari all’importo annuo dell’assegno sociale aumentato della metà dell’importo per ogni familiare per i quali si richiede l’attestazione anagrafica. Eccezione per i figli minori di 14 anni: anche se sono più di due, il requisito reddituale corrisponde sempre al dop-pio dell’importo dell’assegno sociale. Circolare Min Interno 28_10_2008 Specificazioni d.lgs. 160/2008 sui ricongiungimenti familiari Circolare Min Interno 28_10_2008 n. 13 Modifiche al d.lgs 30/2007 in merito ai requisiti per il ricongiungimento familiare dei cittadini UE.
 

"REGIONE SUBISCE INTIMIDAZIONI GOVERNO"
Omniroma-IMMIGRAZIONE, PIZZO (PRC) il 21/11/2008, alle 18:52 (UTC)
 (OMNIROMA) Roma, 20 ott - "Abbiamo saputo che la Regione Lazio subi-sce intimidazioni da parte del Governo nazionale, i cui ministri hanno pro-posto di censurare la norma contenuta nell'art.15 della nuova legge regionale sull'immigrazione, che garantisce a tutti i cittadini stranieri immigrati, anche se non in regola, l'accesso alle prestazioni socio-sanitarie". E' quanto afferma in una nota la consigliera regionale Anna Pizzo, prima firmataria della legge 'per la promozione e la tutela dell'esercizio dei diritti civili e sociali e la piena uguaglianza dei cittadini stranieri immigrati', presente oggi all'audizione sullo stato d'attuazione della suddetta norma regionale. "Tale ingerenza da parte del Governo nazionale - continua la consigliera Pizzo - produce tre vulnus: il primo è istituzionale, perché c'è un'ingerenza del Governo centrale rispetto all'autonomia legislativa della Regione; il secondo determina un vero e proprio ricatto visto che l'osservazione è stata avanzata nell'ambito del Piano di rientro dal deficit della sanità; il terzo è un vulnus alla Costituzione, che garantisce il diritto alla salute per tutti, con conseguenze inimmaginabili sulla salute dei cittadini". "Speriamo, quindi, si tratti solo di un colpo di sole - conclude la consigliera - perché se la notizia dovesse avere un fondamento, sarebbe di estrema gravità".
 

Non al voto agli stranieri
Mario Contini Junior il 21/11/2008, alle 18:51 (UTC)
 I cittadini italiani hanno il diritto, ma anche il dovere “civico”, di votare (art. 48 della Costituzione). Se una persona non va a votare, non ha conseguenza, perché questo dovere non è sottoposto a sanzioni penali d’inadempimento. Da alcuni anni gli italiani discutono sull’opportunità di permettere anche agli stranieri di votare (elettorato attivo) ed essere eletti (elettorato passivo) nelle elezioni comunali, provinciali e regionali. Le recenti proposte avanzate da più parti circa l’estensione del diritto di voto e circa la modifica della disciplina legislativa della cittadinanza italiana riportano all’attenzione della pubblica opinione il tema dei diritti politici degli stranieri. La proposta di Veltroni a Fini del lunedì scorso, 1° settembre, di accelerare l’iter per concedere il voto agli immigrati è servito soltanto per far emergere la litigiosità che esiste all’interno della maggioranza di Governo. Nel 2003, Fini, allora vice premier, aveva proposto il voto agli immigrati per le amministrative. Come vi ricordate bene, niente altro che uno slogan: “diritto al voto amministrativo agli stranieri che avessero maturato sei anni di residenza.” Una delle condizioni per la domanda della “Carta di Soggiorno” era aver maturato sei anni di residenza (Oggi, dopo cinque anni). Anche Fini ha fatto dietrofront dopo le pressioni del suoi colonnelli. “Non sei anni, ma aver la Carta di Soggiorno”. Appunto, la Carta di soggiorno si richiedeva dopo sei anni di residenza, ma per ottenerla nei fatti ci volevano otto. Insomma, era l’ennesima presa in giro. Il discorso è finito lì. La proposta, innanzitutto, è risultata assai prolissa; tutti i requisiti indicati, infatti, non erano altro che i presupposti per la concessione della carta di soggiorno, ex art. 9 del Decreto Legislativo n° 286 del 1998 (così come modificato dalla Legge 189 del 2002). Se la fine era collegare il riconoscimento del diritto di voto al posses-so dei requisiti per l’ottenimento della carta di soggiorno (come è stato ipo-tizzato, tra l’altro, dallo stesso art. 9 del Decreto Legislativo n° 286 del 1998, comma 4 lett. D), non si era capito il motivo di quella elencazione . Il 30 marzo 2008 i giornali riportarono le dichiarazioni di Silvio Berlusconi, quando il presidente del PdL lanciava la proposta: “con il mio nuovo gover-no ne discuteremo, stabiliremo i criteri”, una certa disponibilità ad aprire e assicurare “partecipazione attiva alla vita politica e economica”. Natural-mente, immediatamente bocciata dalla Lega Nord. “Stramberie” , commentò il Calderoli, invocando il loro “patto sul programma”. In sintesi, dietrofront di Berlusconi. anche in questo caso, più un “manifesto” che altro, ma che si ritorce contro davanti alla dimostrazioni xenofobe e razzista della Lega Nord e dei sempre fascisti colonnelli di Fini. Bercusconi taglia corto: “non è nel programma”. L’apertura di Fini non ha convinto la sua stessa maggioranza. La Lega minaccia elezioni anticipate. Bollate come dichiarazioni personali, il Presidente della Camera deve ingoiare il rospo. Puntando lontano, la successione a Berlusconi, Fini troverà sicuramente il modo di mantenere le apparenze nella coalizione che governo questo “nostro” paese. Da più parti si afferma che l’estensione dei diritti politici agli stranieri sarebbe uno strumento per accelerare la loro integrazione nella società in cui vivono. La proposta di Veltroni, anche questa un squallido manifesto politico, ma la co-sa che sorprende di più (non che ci eravamo illusi che rappresentava l’unica vera opposizione a questa maggioranza) è che anche Di Pietro abbia detto di no. Non ci illudiamo, è fatto della stessa pasta. A chi credere? L’attribuzione dell’elettorato agli stranieri riporta immediatamente il problema al tema della titolarità dei diritti fondamentali da parte degli stranieri. L’art. 10 c. 2 Cost. – ha introdotto una riserva di legge rinforzata in materia di “condizione giuridica dello straniero”. Il costituente ha sottratto alla discrezionalità dell’azione amministrativa la disciplina della materia. Negli ultimi anni, è stata data grande rilevanza ad alcune esperienze a livello locale e regionale, in qualche modo come “apertura” della proposta di estensione a livello na-zionale. La “Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pub-blica a livello locale, del 1992”, in base alle disposizioni contenute nel Capi-tolo “C” della Convenzione di Strasburgo, “Ciascuna parte contraente si im-pegna … a concedere il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni locali ad ogni residente straniero, a condizione che questi … abbia risieduto legal-mente ed abitualmente nello Stato in questioni nei cinque anni precedenti le elezioni” (cfr. art. 6, 1° comma). L’Italia ratificando la Convenzione del 1992, ha espressamente escluso le disposizioni dell’intero Capitolo “C”, in questo modo NON ADERENDO alle disposizioni in esso contenute (cfr. l’art. 1 della Legge n° 203 del 1994). Il Parlamento Europeo ha esortato tutti i paesi dell’UE a “firmare e ratificare la Convenzione Europea sulla parteci-pazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale” nonché di “appli-carla”. L’introduzione dell’elettorato attivo e passivo in favore degli stranieri era previsto nell’articolo 38 del DDL che il governo Prodi presentò alle Camere per disciplinare l’immigrazione e la condizione degli stranieri. Era contraria l’Alleanza Nazionale che aveva proposto il suo spostamento all’interno di un disegno di legge costituzionale di revisione dell’articolo 48 della Costituzione – presentato il 25 settembre 1997, atti parlamentari, XIII Legislatura, Camera dei Deputati, Atto Camera n. 4167, che mirava ad ag-giungere un quarto comma all’articolo 48 della Costituzione: “allo straniero è riconosciuto, anche in esecuzione di trattati e accordi internazionali, il diritto di voto, nei limiti, con i requisiti e secondo le modalità stabiliti dalla legge, con esclusione delle camere e delle elezioni politiche” – che non fu mai esaminato dalle camere. Si trattò di un compromesso. La scelta dello stralcio del diritto di voto amministrativo, fatta nel 1997 dal Parlamento, fu di mera opportunità politica e non ha fondamento costituzionale. Sicuramente, domani o dopodomani apriremo i giornali oppure sentiremo nel telegiornale che qualcun altro ha avanzato proposto per il voto amministrativo agli immigrati, ma non ci lasceremo ingannare, si tratterà soltanto di uno slogan o manifesto che verrà smentito in seguito. Non saprei più come definire questo paese di Pulcinella.
 

INPS: assegno sociale solo ai residenti stabili
Programma Integra il 21/11/2008, alle 18:51 (UTC)
 L’assegno sociale spetta solo ai residenti. Lo ha chiarito in un messaggio l’INPS ribadendo che ai fini della richiesta dell’assegno sociale i cittadini stranieri devono essere in grado non soltanto di dimostrare lo stato di indi-genza e il possesso di un idoneo titolo di soggiorno ma anche la loro dimora effettiva, stabile e abituale in Italia. Nel messaggio del 4 giugno 2008 l’INPS risponde alle richieste di chiarimenti in merito al requisito della residenza nel territorio italiano per il riconoscimento dell'assegno sociale. Spesso infatti si riscontra in presenza di cittadini stranieri la mancata corrispondenza tra la residenza anagrafica e quella reale e in numerosi casi, dopo il riconoscimento della prestazione, il ritorno del pensionato nel proprio paese e la perdurante erogazione dell'assegno ogni mese. L’INPS chiarisce a tale proposito che ai fini del riconoscimento della prestazione la dimora stabile in Italia è da ritenersi condizione essenziale: a coloro dunque che permangono all’estero per periodi superiori al mese - salvo per gravi motivi sanitari – l’erogazione dell’assegno verrà sospeso e, trascorso un anno da tale sospensione, il beneficio verrà revocato. Qualora l’Istituto pensionistico venga a conoscenza di fatti o circostanze che fanno sorgere dubbi circa la permanenza del beneficiario sul territorio italiano, può avviare verifiche e controlli per riscontrare quanto a suo tempo aveva dichiarato il pensionato. Gli accer-tamenti – prosegue il messaggio - dovranno avere luogo di volta in volta, sulla base di concreti elementi dai quali si possano desumere situazioni e/o comportamenti in contrasto con la norma che impone il requisito della resi-denza per il riconoscimento e il mantenimento dell’assegno sociale. L'INPS potrà procedere ad accertamenti presso il Comune di residenza o avvalersi della Polizia Municipale e delle altre autorità di pubblica sicurezza per le in-dagini di loro competenza. Possono fare richiesta di assegno sociale i citta-dini italiani e stranieri ultrasessantacinquenni che non hanno diritto ad altre forme di pensione e il cui reddito annuo non supera i 5.061,68 euro (rad-doppiato nel caso di persone sposate). L’importo mensile è di 389,36 Euro. Rispetto ai cittadini stranieri è inoltre necessario essere titolari di carta di soggiorno o di permesso CE per soggiornanti di lungo periodo e, come sta-bilito dal messaggio dell’INPS, avere una dimora effettiva, stabile e abituale in Italia. INPS - Messaggio del 4 giugno 2008: Assegno sociale e residenza.
 

Regione Lazio: presentato il testo della legge sull’immigrazione
Programma Integra il 21/11/2008, alle 18:50 (UTC)
 Con la delibera del 25 giugno 2008 il Consiglio della Regione Lazio ha a-dottato la legge su “disposizioni per la promozione e la tutela dell’esercizio dei diritti civili e sociali e la piena uguaglianza dei cittadini stranieri immi-grati”. Il testo della legge è stato presentato in data 9 luglio 2008. La legge in materia di immigrazione della Regione Lazio si propone di promuovere la rimozione degli ostacoli che si oppongono all’esercizio dei diritti civili e so-ciali da parte dei cittadini stranieri immigrati al fine di garantire condizioni di uguaglianza rispetto ai cittadini italiani. La Regione, si legge nel testo, si prefigge di svolgere attività di programmazione, regolazione e attuazione degli interventi previsti in favore dei cittadini stranieri immigrati; promuo-verà e sosterrà iniziative di monitoraggio, informazione, educazione, assi-stenza e tutela legale per le vittime di ogni forma di discriminazione diretta e indiretta, per motivi razziali, etnici o religiosi, nonché per le vittime di si-tuazioni di violenza o di grave sfruttamento. Il testo ripartisce i compiti fra le Province ed i Comuni e rivolge particolare attenzione all'istruzione, anche degli adulti, e all'asistenza sanitaria e sociale. Previsti inoltre interventi a fa-vore dei minori e dei richiedenti asilo. La Regione si impegna a migliorare le condizioni dei centri di permanenza temporanea e dei centri per richiedenti asilo e contribuirà al finanziamento dei centri di accoglienza. All’indomani dell’approvazione della Legge l’assessore alla Politiche Sociali della Regione, Anna Coppotelli, aveva dichiarato che la legge regionale "mette a sistema le energie e lerisorse spese per migliorare la coesistenza tra diverse culture nella nostra Regione. Era necessario disciplinare il processo migratorio nell'ottica di una politica nuova che tenga conto del crescente tasso di stabilizzazione degli immigrati stranieri e della modificazione dei flussi". "La precedente legge regionale del 1990”, ha proseguito Coppotelli, “era impostata come risposta all'emergenza dei primi grandi flussi migratori, oggi dobbiamo rispondere a esigenze nuove come quelle dei giovani immi-grati di seconda generazione che sono nati nel Lazio, parlano i nostri dialetti si sentono italiani ma non possiedono lo status giuridico di cittadini italiani. Inoltre, la previsione di maggiori garanzie di sicurezza per i lavoratori stra-nieri immigrati rappresenta un cardine per la tutela in generale di tutti i lavo-ratori che si trovano spesso a operare in condizioni di pericolo per la loro vita e le morti bianche che quotidianamente avvengono lo dimostrano" . “L'o-biettivo che abbiamo perseguito” ha concluso l’assessore “é stato quello di migliorare la qualità della vita dei cittadini in una prospettiva di inclusione sociale e di piena partecipazione, ottimizzando le risorse disponibili". Legge Regione Lazio 25_6_2008 Disposizioni per la promozione e la tutela dell’esercizio dei diritti civili e sociali e la piena uguaglianza dei cittadini stranieri immigrati.

 

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